Presentazione

 

 

Tra Veneto e Toscana

Il Libro delle nuove e strane e meravigliose cose è un volgarizzamento italiano della Relatio tràdito da otto manoscritti. Nello stemma della fase A tracciato da Marchisio (2016, 61), esso rientra nella redazione siglata «G» (cui pure afferiscono il Memoriale Toscano e le stampe cinquecentesche di Pontico Virunio e Giovan Battista Ramusio) e comprende sia la forma testuale di «Va8» (ovvero il ms. BAV, Urb. Lat. 1013), sia quella siglata «Li» (dal titolo dell’edizione Andreose 2000).

 

Elementi testuali e linguistici (la menzione di Venezia nei prologhi, spie formali e un errore comune spiegabile come fraintendimento dal veneziano, cf. Analisi filologica) suggeriscono di collocare la redazione del Libro in Veneto. Dal Veneto, il volgarizzamento pare essersi diffuso in zona Toscana perdendo presto i suoi connotati linguistici originari, per poi tornare a circolare in area settentrionale e veneta (cfr. Andreose 2000, 96-97; Marchisio 2016, 61-63). Salvo Va8/Ur, infatti, tutti i testimoni presentano un generale colore linguistico toscano e, soprattutto, i testimoni con posizione stemmatica più elevata sono toscani o provenienti dall’Italia centrale (Umbria). Il ms. Ve6/M, infine, fu prodotto a Venezia ma da un antigrafo già toscanizzato (Andreose 2000, 68 e 97). Queste dinamiche sono illustrate dagli stemmata tracciati dai due editori. Nel grafico relativo alla «fase A», Marchisio (2016, 52) collega direttamente la «redazione G» a «XA»; da G – archetipo del volgarizzamento di origine veneta – discende Va8/Ur, ovvero il ms. Urb. Lat. 1013, unico testimone diretto della redazione di cui fornisce, con la sua datazione (ca. 1360), il terminus ante quem. Un secondo ramo di G dà origine allo snodo θ, coincidente con la Vulgata toscana del testo: da questo snodo discendono, da un lato, gli altri sette manoscritti del Libro (sigla «Li»). Lo stemma coincide con quello elaborato da Andreose (2000, 103), salvo per la scelta delle sigle («G» corrisponde a «λ» e «θ» a «λ’») e per la posizione del Memoriale, posto entro θ/λ’ da Andreose e collegato direttamente a G/λ da Marchisio.

 

Elementi caratteristici

 

Gli elementi comuni alle forme «Va8»/«Ur» e «Li», e identificativi di questo volgarizzamento, sono:

  1. Il titolo di Libro delle nuove e strane e meravigliose cose, che, al netto delle differenze linguistiche, si legge nel prologo di tutti i manoscritti.

  2. Lezioni caratteristiche rispetto alle redazioni latine. Oltre a qualche travisamento di contenuto, Andreose (2000, 50-53) nota la tendenza ad aggiungere glosse chiarificatrici e a rendere con maggior enfasi fomulazioni stilisticamente neutre oppure, al contrario, la propensione ad alleggerire il dettato da ridondanze, perseguendo una sintesi che, sebbene non sempre efficace, rientra in un generale sforzo di rendere il testo il più chiaro possibile al lettore (Ibid., 47-50)

  3. Elementi paratestuali. Questi consistono anzitutto nella presenza di due prologhi e un epilogo. Il prologo I fornisce l’indicazione dell’argomento («libro delle nuove e strane e meravilliose cose»), il nome del protagonista («frate Odorigo di Friuli dell’ordine de’ fra Minori»), il luogo di redazione («facto in Vinegia»), la modalità di scrittura per altri («hov’elli fece scrivere questo libro»); aggiunge le indicazioni sulla volontà del Frate di ottenere una nuova autorizzazione papale a partire per l’Oriente («dovendo andare al papa per notificarli  queste e altre meravilliose cose. E  poi, di là tornato, intendea d’andare al Paradiso Delitiarum e quine finire la soa vita secondo la volontà di Dio»), arrestate dalla malattia contratta a Pisa che lo condusse al ritorno a Venezia e poi alla morte a Udine («Poi andando a corte, infermo a Pisa; e conoscendo che’l termine della sua vita era venuto, volendo morire nella sua patria , ritornò  a Vinegia  e poi nandòe in Udine di Friuli  e quivi  santamente finiò»; si cita dal ms. Fi8/Co). Il prologo II aggiunge che Odorico rimase in Oriente quattordici anni («elli  fue  personalmente XIIII anni»), che morì in data 14 gennaio («XIIII di gennaio») in odor di santità («il cui ultimo fine fue santo») per «molti miracoli». L’epilogo contiene la sottoscrizione di Odorico, che dichiara la sua appartenenza all’ordine dei frati Minori, e afferma, rivolgendosi al ministro dell’ordine («al mio ministro») di aver riferito solo cose viste coi propri occhi o udite da persone degne di fede, tralasciandone però molte in quanto incredibili a chiunque non ne abbia esperienza diretta; conclude annunciando la preparazione di un nuovo viaggio in Oriente. Facendo riferimento alla classificazione delle redazioni latine della Relatio proposta da Chiesa (2000) sulla base della diversa forma del prologo e delle sottoscrizioni finali, si rileva che il prologo del volgarizzamento, oltre a presentarsi in forma doppia, non è davvero coincidente con nessuna delle forme classificate da Chiesa. In particolare, i due prologhi del testo volgare contengono informazioni ulteriori rispetto a quelli delle recensiones breviores facenti capo alla fase A (forme-prologo dette α e β in Chiesa 2000, 334). Da un lato, riportano elementi che trovano spazio solo nei paratesti di redazioni appartenenti alle fasi B e C (cfr. Chiesa 2000): il riferimento ai quattordici anni passati da Odorico in Oriente («nelle tre Indie e in molti altri regni e paesi nelle quali elli fue personalmente XIIII anni»), alla sua volontà di tornare dal papa («dovendo andare al papa per notificarli queste e altre meravilliose cose»), e al sopraggiungere della malattia a Pisa e della morte a Udine («infermò a Pisa; […] e poi nandòe in Udine di Friuli e quivi santamente finiò»). Dall’altro, presentano dati singulares, tra i quali emerge soprattutto il ruolo inedito di Venezia, che appare come luogo della redazione del testo – «facto in Vinegia hov’elli fece scrivere questo libro» – ma anche come tappa prima dell’ultimo ritorno in Friuli: «ritornò a Vinegia e poi nandòe in Udine».

  4. Elementi strutturali. In Co e Ur il testo è diviso in 50 capitoli rubricati. M ne ha 51 (sdoppia il capitolo 34); An mantiene i 50 capitoli ma omette le rubriche; Va divide in 45 capitoli non numerati né rubricati; Man divide il testo in 25 capitoli non numerati ma, salvo il primo, rubricati; Ba non presenta alcuna divisione. In questi manca il capitolo noto come De Reverentia magni Chani. Altra caratteristica strutturale della versione riguarda un diverso ordine dei paragrafi finali del lungo racconto di Tana (cap. VIII della Relatio latina, capp. XIII-XV del Libro). Il volgarizzamento anticipa i paragrafi relativi alle virtù taumaturgiche della terra nella quale sono martirizzati i quattro santi, posti in chiusura di capitolo nel testo latino (§§161-163 in Marchisio, Relatio, pp. 151-152), inserendoli prima del racconto dei miracoli prodotti dalle reliquie (§§132-160 in Marchisio, Relatio, pp. 151-152). L’anticipazione è favorita dalla presenza di pericopi molto simili nel testo latino, che ripetono informazioni analoghe con minime aggiunte, in particolare: la pericope sul reperimento delle ossa da parte di Odorico (§129) e quella che ripete lo stesso dato aggiungendo il loro trasporto per nave (§131); due pericopi  introduttive al racconto dei miracoli, quelli della terra del martirtio (§161) e delle ossa (§130). Le due coppie di pericopi si trovano unite nel testo volgare, una scelta che rientra nella generale tendenza del testo italiano ad alleggerire il modello da ridondanze e pause descrittive (cfr. Andreose 2000, 56-59). Nessuna redazione e nessun manoscritto del testo latino presente nelle edizioni e nell’apparato curato da Marchisio presenta le alterazioni strutturali qui descritte, che sono dunque con tutta probabilità da ascriversi al redattore del volgarizzamento.

  5. Presenza, in Co e Ur, di un’Appendice di capitoli aggiuntivi. L’appendice contiene un prologo, seguito da quindici capitoli in Co e dodici in M, che segue la suddivisione di Co ma è manchevole degli ultimi tre. In entrambi i testimoni i capitoli non sono rubricati né numerati. Nel prologo, l’anonimo redattore dichiara in prima persona di aver udito le informazioni contenute nei capitoli aggiuntivi dalla viva voce di Odorico, durante un banchetto svoltosi nel convento veneziano di S. Francesco della Vigna, in cui prendevano parte sia religiosi sia laici. L’appendice passa dall’autodiegesi del testo principale (in cui Odorico parla, come nella maggior parte delle relazioni latine, in prima persona) all’eterodiegesi. Contiene soprattutto chiarimenti o aggiunte di informazioni su argomenti affrontati nei capitoli del testo principale, opportunamente segnalati da richiami analettici. Queste aggiunte possono essere brevissime (es. cap. 15) oppure svilupparsi in capitoli più consistenti (in particolare cap. 1, 3, 4 e 5). Altri capitoli dell’appendice sono invece costituiti da informazioni ed episodi completamente nuovi e privi di collegamento con il resto del testo. Si tratta soprattutto di mirabilia zoologiche o etnografiche alcune delle quali di probabile derivazione poliana (cap. 6, cap. 10, cfr. Andreose 2000, 242) ma anche altre originali (cap. 9 e 12, cfr. Ibid.,243). In un paio di casi, si nota la tensione del redattore dell’appendice di fornire prove e conferme della veridicità di quanto affermato nei capitoli aggiuntivi (cap. 2 e cap. 8). In generale, l’appendice pone il personaggio di Odorico in primo piano, facendone il protagonista di micro-avventure, secondo uno «schema della ‘partecipazione diretta’ di Odorico» (cap. 10 e cap. 13, cfr. Andreose 2000, 244). Il capitolo 11 riferisce l’episodio cosiddetto De reverentia Magni Chani. Il contenuto e la forma di questo capitolo sono stati analizzati da Andreose (2007, 45-52), che li ha confrontati con la redazione che si legge nella recensio Guillelmi (fase C) e nella recensio Marchesini (fase B). Dall’analisi risulta che tutte e tre le versioni sono indipendenti, anche se le versioni di Guglielmo e di Marchesino presentano un numero maggiore di varianti comuni, isolando la versione dle volgarizzamento, che risulta quindi autonoma dalle altre due (o dalla loro fonte comune; cfr. Ibid., p. 50-51). Quanto all’autenticità dell’appendice, ci sono ragioni a sostegno di una sua veridicità, quanto meno parziale. Anzitutto, molte informazioni si rivelano corrette e di difficile reperimento da parte di un compilatore estraneo ai fatti (si pensi alla fasciatura dei piedi delle donne cinesi,alla descrizione della banconota o della scrittura cinese antica, ma anche del rito sati indiano). In secondo luogo, la circostanza che, secondo il prologo, sarebbe all’origine dell’appendice, è verosimile, al punto che ne esiste un famoso precedente: nella Cronica,Salimbene de Adam riferisce di essersi trovato spesso a pranzo o cena con fra Giovanni da Pian del Carpine proprio presso i frati Minori, e di avergli sentito narrare vari racconti: l’eccezionalità della presenza del frate e del suo racconto avrebbero dunque imposto una deroga sulla regola del silenzio imposta durante i pasti (cfr. Andreose 2007, 44-45 e 51-52; Reichert 1992, 164-165, 256-257, 184). Infine, la storia stessa del testo della Relatio lascia supporre che materiali originali furono taciuti nella prima redazione del testo, per essere poi recuperati nelle versioni successive attraverso una diffusione/comunicazione orale. Nella «fase B» il capitolo del De Reverentia (cui segue un ulteriore capitolo, il De potentia, non recepito nella «fase C») è preceduto dalla sottoscrizione di frate Marchesino da Bassano, che dichiara di aver udito tali episodi dalla viva voce di Odorico: «ista audivi a frate Odorico predicto ipso adhuc vivente; nam plura audivi ab eo que non scripsit» (Marchisio 2016, 225).  Naturalmente, data per buona l’attendibilità di quest’appendice, si pone la questione se tali capitoli siano stati prodotti dall’autore del volgarizzamento, e cioè risalgano al capostipite della famiglia, o se siano stati aggiunti in un secondo tempo in un ramo della tradizione dal quale discendono Fi8/Co e Ve6/M.