Analisi filologica
I rapporti tra i testimoni del Libro sono stati studiati approfonditamente da Andreose (2000, 80-95). La nuova collazione integrale cui sono stati sottoposti gli otto manoscritti tra loro e con il testo latino nella nuova edizione di Marchisio, conferma appieno l’analisi dell’editore, offrendo prove ulteriori dei raggruppamenti stemmatici già chiari, ma anche di tutti gli elementi di complessità e difficile interpretazione che caratterizzano la tradizione testuale di questo volgarizzamento. I problemi maggiori nella ricostruzione dei rapporti tra i testimoni sono soprattutto la scarsità di errori significativi, e la presenza di numerose varianti sostanzialmente adiafore o innovazioni singolari, tratti tipici di una tradizione particolarmente attiva, nella quale – soprattutto nei punti in cui l’antigrafo poteva presentarsi corrotto o oscuro – i copisti introdussero innovazioni e congetture che hanno generato sviluppi singulares, ma anche condotto alla soppressione sistematica dei loci testuali corrotti e quindi degli errori-guida. Nello stemma codicum elaborato da Andreose e ripreso da Marchisio, la posizione alcuni codici (Fi8/Co, Ve6/M, Rm3/An, Va7/Ba, Va) è abbastanza chiara, mentre altri (Va8/Ur, Lu e Man) offrono invece indizi contraddittori. Seguendo lo stemma di Andreose, la tradizione si dirama quindi prima in λ e λ’: da λ’ discendono i rami α e β; da β si individua la sotto-famiglia b, e le sottofamiglie c e c’.
Le cose sono relativamente più semplici ai piani bassi dello stemma. Procedendo a ritroso, la sottofamiglia c’ è identificata da una manciata di errori congiuntivi veri e propri, e confermata da una serie di varianti adiafore comuni. Tra gli errori, già individuati da Andreose (2000, 88-89], il caso in (1a)riguarda una delle aggiunte condivise da tutta la tradizione del Libro, ovvero l’esplicitazione di un generico «aliquantulum spacium … distans»del testo latino in «di lungi da terra due balestrate»; Lu/Man presentano un analogo travisamento in «largo due balestrate»:
(1a)
Relatio VIII 68 (Marchisio 2016, 138): «quos ipse fecit portare ultra quoddam brachium maris, per aliquantulum spacium ab illa terra distans»
Va8/Ur (10r): «longi de la tera II balestrade»
Fi8/Co (77vb): «uno braccio di mare ch’era di lungi da terra per II balestrate»
Ve6/M (233r): «et feceli portare di là da uno braccio di mare che era di lungi da terra per due balestrate»
Rm3/An (37v): «di lungie da mare due balestrate»
Va7/Ba (31r): «di lungo da terra due balestrate»
Va (17v): «che era di lungi da terra due balestrate»
Lu (6v): «largo doe balestrate»
Man (59v): «largo una balestrata»
Il caso in (1b; cfr. Andreose 2000, 89) riguarda invece una lacuna comune: Lu e Man omettono entrambi la lezione «cinque turcasi di saette», traduzione fedele di «quinque sagitas» nel testo latino:
(1b)
Relatio XXVIII 10 (Marchisio2016, 207): «et in illa silvestria quinque sagitas iacit»
Va8/Ur (24r): «e sagita enfra queste bestie salvadiche ben V turchassi de sagete»
Fi8/Co (92vb): «e saetta tra queste bestie salvatiche cinque turcasi di saette»
Ve6/M (241r): «et saeta tra queste bestie la salvatiche V turchassi di saete»
Rm3/An (49r): «e saetta tra queste bestie salvatiche cinque turchascy de saette»
Va7/Ba (83r): «e saetta tra queste bestie salvatiche cinque turchassi de saette»
Va (36r): «e sagita tra queste bestie sallvatiche et cinque charchassy de sagite»
Lu (18v): «e sagita fra questi animali salvadegi»
Man (71r): «el signor qual sta alto sopra la sua careta ante dicta comenza a sagitare»
A questi errori, si può aggiungere una serie di varianti comuni come l’aggiunta dell’aggettivo «maestra» in «porta maistra della città» (1c):
(1c)
Relatio I 17 (Marchisio 2016, 121): «est corpus Athanasii super portam ipsius civitatis»
Va8/Ur (5r): «sovra la porta dela citade è lo corpo d’Athanasio»
Fi8/Co (73rb): «è sopra la porta della città lo corpo d’Atanaxio»
Ve6/M (231r): «è sopra la porta della çità il chorppo d’Atanaxio»
Rm3/An (33v): «è il corpo d’Attanagio sopra la porta della ciptà»
Va7/Ba (28r): « è lo corpo di Atanaxio sopra la porta ella città»
Va (13r): «si è lo corpo de Athanasio sopra la porta de la citade»
Lu (4r): «è il corpo de sancto Athanasio sopra la porta maistra dela cità»
Man (55r): «el gi è lo corpo di sancto Athanasio sopra la porta maistra dela intrata dela cità predicta»
Più in alto, anche la sottofamiglia c è dimostrata da errori e lacune comuni, nonché confermata da una serie di varianti adiafore. L’errore in (2a), già individuato da Andreose (2000, 88), è particolarmente chiaro nell’anticipazione del sostantivo «bue» da parte di Va, Lu, Man:
(2a)
Relatio XVI 2 (Marchisio2016, 171): «in qua homines et mulieres facies caninas habent»
Va8/Ur (15v): «e tuti li homini e lle femene àno cavo di can. Altresì e’ adorano lo bo per so Dio»
Fi8/Co (85ra): «ànno i capi di cane e adorano il bue per loro dio»
Ve6/M (233r): «ànno i chapi di chane et adorano il bue per loro dio»
Rm3/An (42v): «tutti homini e femine ànno capo di cane e adorano il bue per loro ydio»
Va7/Ba (73r): «tutti gl’uomini et le femine hanno capi di cane et adorano el bue per loro dio»
Va (26r): «li homeni et le femene tuti hanno i capi a modo de buo’ et adorano el bo’ per loro dio»
Lu (13v): «àno capi a modo di buove et adorano il bove per suo idio»
Man (63r): «hanno el capo a modo de bove et adoreno el bove per loro dio»
Ai già numerosi casi segnalati da Andreose, se ne potrebbe aggiungerne un’altra manciata. In (2b), il trio di manoscritti condivide alcune lacune, mentre in (2c) si discosta dal testo latino:
(2b)
Relatio ̶
Fi8/Co (73ra): «Incomincia i‧l libro delle nuove e strane e meravilliose cose»
[stessa lezione in Va8/Ur f. 3r, Ve6/M f. 1r, Rm3/An f. 33r, Va7/Ba f. 28r]
Va (13r): «Libro de stranie et maravilgiosse chosse»
Lu (4r): «Libro delle meravegliose cosse»
Man (55r): « Dele cosse mirabile»
Relatio ̶
Fi8/Co (73ra): «dovi a intendere e a sapere io frate Odorigo di Friuli, dell’ordinede frati minori»
[stessa lezione in Va8/Ur f. 3r, Ve6/M f. 1r, Rm3/An f. 33r, Va7/Ba f. 28r]
Va (13r): «io fratre Odoricho de Friolli»
Lu (4r): «io frate Odoricho de de Friuli da Udene di Aquilegia»
Man (55r): «io frate Odorigo di Friuli»
(2c)
Relatio I 5 (Marchisio2016, 171): «Hec terra valde bene est situata»
Fi8/Co (73rb): «La quale Trapesonda è terra molto bene posta e sita»
[stessa lezione in Va8/Ur f. 3r, Ve6/M f. 1r, Rm3/An f. 33r, Va7/Ba f. 28r]
Va (13v): «è terra molto bella et ben situada»
Lu (4r): «è bela e bene situata»
Man (55r): «è terra nobilissima et bene situata»
Relatio I 13 (Marchisio 2016, p. 171): «cum homo ille vellet quiescere vel dormire»
Fi8/Co (73rb): «Quando quello huomo dormia o giacea o si posava»
[stessa lezione in Va8/Ur f. 3r, Ve6/M f. 1r, Rm3/An f. 33r, Va7/Ba f. 28r]
Va (13v): «o se ripossava»
Lu (4v): «o se ripossava»
Man (55v): «o repossava»
Relatio I 9 (Marchisio, 2016,p. 171): «perdices vero per aere volabant»
Fi8/Co (73rb): «E quelle pernici per are volavano»
[stessa lezione in Va8/Ur f. 3r, Ve6/M f. 1r, Rm3/An f. 33r, Va7/Ba f. 28r]
Va (13v): «che per aere volavano»
Lu (4r): «che per aere volavano»
Man (55r): «le quale volavano per l’aiere»
Va7/Ba, Va, Lu, Man condividono delle lezioni errate che consentono di confermano l’esistenza della sottofamiglia b. Naturalmente, il confronto con la versione latina è spesso decisivo nel qualificare una lezione apparentemente come errata. Nel caso in (3; Andreose 2000, p. 85), Fi8/Co, Ve6/M, Rm3/An presentano la stessa lezione del latino – con il participio «è fatta»/ «est effectus» – mentre i restanti testimoni se ne discostano:
(3)
Relatio VIII 93 (Marchisio, Relatio, p. 141): «statim aer ita clarus et lucidus est effectus»
Va8/Ur (10v): «l’aierachi era bella e chiara»
Fi8/Co (78rb): «l’are quine chiara e lucente è fatta come il più potesse essere»
Ve6/M (233v): «Inchontenente l’aire quine chiara et lucente et fatta chomo più potesse essere»
Rm3/An (38v): «Incontenente l’aria quivi chiara e lucente è fatta come più potesse essere»
Va7/Ba (31v): «ch’era lucente et chiara quanto fu mai più»
Va (17r): «ch’era chiaro e lucente chome più potesse essere»
Lu (7r): «che era chiaro e lucente quanto più potesse essere»
Man (60r): «che era lucedissimo et piene de stelle»
Salendo nello stemma, la famiglia β è anzitutto definita dall’omissione dell’appendice finale, ma anche dell’indice dei capitoli che, in α, apre il testo. Pochi, invece, gli errori significativi. Il più eloquente (cf. 4a, già in Andreose2000, 83) consiste nella sostituzione erronea di vento con ventura, lezione conservata da Rm3/An e poi banalizzata in victoria da Va7/Ba e Va. Man presenta una riscrittura del testo, mentre Lu recupera la lezione corretta:
(4a)
Relatio VIII 145 (Marchisio 2016, 149): «Deinde venerunt saraceni, ut ventum haberent multum laboraverunt»
Va8/Ur (11r): «che li dese bon vento»
Fi8/Co (79va): «aciò ch’ellino dessero loro vento»
Ve6/M (234v): «acciò ch’elino desseno loro vento»
Rm3/An (38v): «aciò ch’elly dessino loro ventura»
Va7/Ba (32r): «ad ciò che desse loro victoria»
Va (20v): «aciò che a loro desse vitoria»
Lu (9v): «che vento glie desse»
Man (60r): «che andassemo inante»
La mancata concordanza di Lu e Mancon i testimoni della famiglia β e della sottofamiglia b in errori caratteristici è dovuta all’atteggiamento spesso attivo da parte degli estensori dei due codici. Se per Man è evidente la tendenza all’innovazione e alla riscrittura, per Lu ci sono prove di contaminazione, come suggerisce anche il caso in (4b, cfr. Andreose 2000, 85-86), in cui Lupresenta sia la variante corretta di FI8/Co, Ve6/M, Rm3/An, sia quella errata di Va7/Ba, Va e Man. Il travisamento in aria > maria ha evidentemente carattere poligenetico, come dimostra la presenza in Va8/Ur della stessa lezione di β:
(4b)
Relatio XXXVI 12 (Marchisio 2016, 222): «et tunc demon clamat in aere dicens: “Videas, videas quod de mea habitatione sum repulsum”»
Fi8/Co (96rb): «E‧l dimonio clama in are e dice: “Vedi, vedi che cacciato sono della mia habitatione!»»
Ve6/M (242r): «E‧l dimonio chiama in aere e dice: “Vedi, vedi che chacciato sono dela mia habitaçione!»
Rm3/An (52r): «E‧l dimonio chiama nell’aria»
Va8/Ur (27r): «E lo demonio clama “Maria! Perch’io son cagçado dela mia habitaxon?”»
Va7/Ba (87r): «E’l dimonio chiama Maria»
Va (40v): «Et lo demonio chiama Maria»
Lu (21v): «I demoni vano cridando per l’aiere “Maria, Maria!”»
Man: tacet
Altri errori comuni a tutta la famiglia si rivelano estremamente deboli e interpretabili anche come varianti adiafore o innovazioni poligenetiche. varianti che errori…). Il caso in (4c), presenta un’abbreviazione – consistente nella mancata ripetizione del verbo pilliano – che è comune a β, ma anche a Va8/Ur:
(4c)
Relatio VII 31 (Marchisio 2016, 129): «ideoque illic canes capiunt mures, quia murelegi ad hoc nichil valent»
Fi8/Co (75vb): «i cani piliano li topi e lle gatte no‧lli pilliano»
Ve6/M (232r): «Et quine i chani pigliano i topi et le gate non li pigliano»
Va8/Ur (7v): «e li cani li pia e lle gatte no»
Rm3/An (36v): «i chani vi piglano e topi e le ghatte no»
Va7/Ba (29v): «e cani piglono e topi et non le gate»
Va (16r): «i cani pilgiono li toppi et non le gate»
Lu (6r): «i cani pigliano i topi e non le gate»
Man (57r): «i cani piliano i sorçi cumo fano le gate da nuy»
A livello di θ/λ’, la distinzione tra α e β è dimostrata da pochi errori comuni e da una serie più ampia di varianti adiafore. La famiglia α comprende Co e M, che hanno anzitutto in comune l’appendice dei capitoletti aggiuntivi. L’errore congiuntivo più convincente è la ridondanza del sintagma «per molte giornate per 18 giorni», che si legge nell’esempio (5a; cfr. Andreose 2000, 81). Questa duplicazione è condivisa soltanto da Fi8/Co e Ve6/M; Va8/Ur presenta una lezione lacunosa, mentre gli altri codici sono concordi nell’indicare soltanto il numero di giorni:
(5a)
Relatio XXII 4 (Marchisio 2016, 183): «De qua recedens ivi decem et octo dietas, transiens per multas civitates et terras aliaque diversa multa»
Fi8/Co (87va): «Della quale partendomi, andai per molte giornate per XVIII dì per molte cittadi e ville»
Ve6/M (238r): «dela qualle partendomi, andai per moltte giornate per XVIII die per molte zittadi et ville et per molti diverssi luogi»
Va8/Ur (18r): « Partandome de qui, andà per molte citade e per molti diversi loghi »
Rm3/An (44v): «dala quale partendomi anday per XVIII giornate per molte ville e ciptà e per molti diversi luoghy»
Va7/Ba (75v): «Dalla quale partendomi andai per XLVIII dì per molte città et ville et per molti diversi luogi»
Va (29v): «Dela qual partendomi andai per molte citade et vile per XVIII dì et per diverssi luogi»
Lu (15v): «dela qual partendomi caminando per diecedoto giornate passai per molte e diverse cità e vile»
Man (65v): «Partendome da questa cità et andando oltra desdoto zornate per cità et castelle asai et per loci strani et diversi»
Un solo ulteriore errore può essere individuato, ma decisamente debole. Si tratta di un diverso ordine dei sintagmi “sopra la porta della città lo corpo d’Atanaxio” condiviso da Co e M, quando il resto della tradizione – e il testo latino – hanno “il corpo di Atanasio sopra la porta della città”:
(5b)
Relatio I 17 (Marchisio 2016, 121): «In hac civitate positum est corpus Athanasii super portam ipsius civitatis»
Fi8/Co (73rb): «In questa Trabesonda è sopra la porta della città lo corpo d’Atanaxio»
Ve6/M (231r): «In questa Trapesonda è sopra la porta della çità il chorppo d’Atanaxio»
Va8/Ur (5r): «sovra la porta dela citade è lo corpo d’Athanasio»
Rm3/An (33v): «è il corpo d’Attanagio sopra la porta della ciptà»
Va7/Ba (28r): «è lo corpo di Atanaxio sopra la porta della città»
Va (13v): «si è lo corpo de Athanasio sopra la porta de la citade»
Lu (4r): «è il corpo de sancto Athanasio sopra la porta maistra dela cità»
Man (55r): «el gi è lo corpo di sancto Athanasio sopra la porta maistra dela intrata dela cità predicta»
La collocazione di Va8/Ur fuori da θ/λ’ è giustificata dall’assenza, in Ur, di un’innovazione di carattere lessicale che coinvolge l’intero gruppo λ (es. 6; cfr. Andreose2000, 94). Nel capitolo dedicato al regno di «Campa» (Vietnam), Odorico confronta la cupola di una chiesa con la cupola della basilica del Santo a Padova. Nel testo latino, il viaggiatore afferma di aver visto un tetto a volta (testitudinem) più ampio della circonferenza (revolutio)di una cupola («unius trulli») della chiesa padovana. Il termine indicante la cupola è trulleŭm/trulleŭs nella sostanziale totalità della tradizione manoscritta latina (fanno eccezione i ms. «Er» e «Ny» e le redazioni «n» e «r», che banalizzano in throni, cfr. Marchisio 2016, 170); nel volgarizzamento esso dà luogo a «turlo» in Va8/Ur, «trafune» e varianti («trefune»/«trefua») in Fi8/Co, Ve6/M e Rm3/An (β), «tre maggiori fune» in Va7/Ba (b), e sparisce in Va/Lu (c; Man omette la pericope). La lezione «turlo» di Va/Ur è senz’altro la più vicina al termine latino trulleŭm/trulleŭs: si tratta di una forma attestata nel veneziano antico tal quale e nella variante accrescitiva turlòn/turlone,che però sembra derivare, per metatesi, non tanto direttamente dal sostantivo latino quanto dal greco bizantino troûlla (acc. Troûllos, cfr. Ibid.). Le lezioni «trafune» (Fi8/Co)/«trefune» (Ve6/M)/«trefua» (Rm3/An) sono invece tutte riconducibili al lemma tribuna. Il TLIO registra in particolare la forma trefuni nell’Itinerario ai luoghi santi (fior.>lucch.; ultimo quarto del XIII sec.) e la forma contratta treuni in una cronaca romana anonima del 1360 (cfr. voce Tribuna a cura di M. Cambi: http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO/index.php?vox=052040.htm [ultima cons. 13/8/2024); a queste attestazioni si può aggiungere la forma trafune registrata nel carteggio di Paolo Guinigi (Fumi/Lazzareschi 1925, 486). I dati esposti possono essere così interpretati: si può pensare che l’archetipo della redazione («G» in Marchisio 2016, 52o «λ» in Andreose 2000, 103) fosse turlo (o turlon), lemma familiare all’anonimo redattore veneto, che gli permette di tradurre fedelmente il latino «revolutio trulli»; nel corso della diffusione del volgarizzamento in area toscana e umbra (snodo «ϴ» in Marchisio o «λ’» in Andreose), il lemma subisce un addomesticamento linguistico e passa a trafune/trefua (il lemma trullo in zona toscana trova nel TLIO una sola attestazione, cfr. la voce Trullo a cura di P. Larson: http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO/index.php?vox=052040.htm [13/8/2024]). Da questa lezione di Fi8/Co, Ve6/M e Rm3/An derivano il travisamento fantasioso di Va7/Ba («tre maggiori fune») e il silenzio di Lu e Man:
(6)
Relatio XV 13 (Marchisio, Relatio, p. 170):«vidi unam testudinem maiorem quam esset revolutio unius trulli ecclesie sancti Anthonii de Padua»
Va8/Ur(15v):«cha lo magorturlo dela cliesia di Santo Anthonio da Padoa
Fi8/Co(84vb):«ke lla magioretrafune della chiesa si santo Antonio da Padua
Ve6/M(236v):«che la magioretrefune dela chiexa di santo Anthonio di Padova
Rm3/An(42r):«che la magioretrefua in la chiesa di santo Antonio a Padova
Va7/Ba(73r):«che le tre maggiori fune della chiesa di Sancto Antonio di Padova
Va(25v):«[una testugine çò granda, magiore] che la giexa de santo Anthonio da Paova
Lu(13v):«[una testudine magliore] che la giesia di santo Antonio da Padoa
Ma: tacet